La sclerosi dei tetti acetabolari

Questo articolo si propone di spiegare cosa si intende quando nel referto di una radiografia troviamo una diagnosi di sclerosi dei tetti acetabolari dell’anca, e qual è la sua correlazione con la coxartrosi.

Iniziamo a parlare dell’anatomia dell’anca, per comprendere il ruolo dei tetti acetabolari e cosa implica una sclerosi.

Il tetto acetabolare, conosciuto anche come fossa acetabolare o semplicemente acetabolo, è l’incavo presente nell’anca, in cui si inserisce la testa del femore.

La sua forma permette, assieme alle labbra acetabolari, di mantenere il femore fermo nella sua sede.

Questa parte dell’anca è la più soggetta alle pressioni del peso corporeo: pertanto la sua integrità è minacciata da condizioni come:

  • l’obesità;
  • naturale invecchiamento cellulare del corpo umano.

Visto l’importanza di questa parte del nostro corpo, cosa significa avere una sclerosi del tetto acetabolare? E cosa comporta?

La sclerosi dei tetti acetabolari

sclerosi dei tetti acetabolari

Quando si parla di sclerosi dei tetti acetabolari, si intende un indurimento di un organo o di un tessuto, dato dall’aumento del tessuto cicatriziale.

Nel caso degli acetaboli, la cartilagine viene a mancare e si concentra in pochi punti, creando un addensamento osseo, la sclerosi subcondrale, visibile in RX.

La sclerosi ossea quindi (che sia dell’acetabolo o di altre parti) è un ispessimento dell’osso, che può essere dato, oltre da coxartrosi, anche da infiammazioni e altre patologie.

Sclerosi subcondrale

sclerosi subcondrale

Gli addensamenti ossei o aree sclerotiche in questo caso si presentano al di sotto della cartilagine, per questo motivo si parla di sclerosi subcondrale.

È una prima evidenza radiografica della coxartrosi, ma è una condizione che, specialmente in base alla caratteristiche del paziente, può essere controllata efficacemente con terapia fisica.

L’obesità del paziente e il ginocchio varo possono, invece, richiedere dei trattamenti più importanti, per cui un’accurata valutazione anamnestica è fondamentale.

La coxartrosi bilaterale con sclerosi dei tetti acetabolari

coxartrosi bilaterale con sclerosi dei tetti acetabolari

Le sclerosi dei tetti acetabolari, dunque, possono essere uno dei primi segnali di coxartrosi: generalmente l’usura cartilaginea non è in una fase avanzata in questo stadio, pertanto le terapie conservative sono ancora utili per allontanare nel tempo l’impianto di protesi d’anca.

Osservando le radiografie appare un’area di addensamento osseo anomala, al di sotto della cartilagine usurata, la sclerosi subcondrale appunto.

L’addensamento osseo riduce lo spazio articolare e la cartilagine, che ha il compito di agevolare il movimento tra le ossa, non riesce a svolgere il suo compito a dovere: è comune, infatti, sottoporsi a RX riscontrando del dolore a seguito di movimenti protratti nel tempo, che svaniscono a riposo.

Per valutare qualsiasi tipo di intervento, è comunque necessario sottoporsi a visita specialista quanto prima, presentando la RX: in questo si può valutare il quadro clinico completo, mettendo in relazione delle variabili, quali età, sintomi e necessità funzionali del paziente, per scegliere la terapia adeguata.

La cura della sclerosi dei tetti acetabolari

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Le terapie variano in base allo stadio della sclerosi dei tetti acetabolari e alla conseguente coxartrosi.

Come abbiamo già detto, è possibile che lo stato di usura della cartilagine non sia estremamente avanzato, permettendo di adoperare inizialmente un trattamento conservativo oppure di medicina rigenerativa, entrambi finalizzati al rallentamento della progressione e alla diminuzione del dolore all’anca.

Nei casi in fase più avanzata, la soluzione migliore spesso è l’impianto di protesi d’anca.

Terapie conservative

Per rallentare l’usura della cartilagine, inizialmente si utilizzano farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e sedute di fisioterapia.

La fisioterapia può essere svolta:

Le terapie in acqua sono molto utili, in quanto si rinforza la muscolatura, senza la spinta del peso corporeo che si ha in condizioni normali.

Questo tipo di terapie, comunque, non risultano efficaci nel medio-lungo periodo.

Medicina rigenerativa

Nelle prime fasi, ma soprattutto in quelle intermedie, si fa ricorso alle terapie di medicina rigenerativa.

Le tecniche sviluppate in questi ultimi anni permettono di avere buoni risultati, in quanto stimolano, in pazienti con determinate caratteristiche, la rigenerazione cellulare del nostro organismo, con metodi dall’invasività minima.

Le principali tecniche che utilizziamo nel Reparto di Medicina Rigenerativa dell’unità C.A.S.C.O. dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi sono:

  • acido ialuronico;
  • PRP;
  • cellule staminali.
Acido ialuronico

L’acido ialuronico è importantissimo, in quanto è una sostanza prodotta dal nostro corpo che serve a produrre liquido sinoviale, un utile lubrificante che evita la frizione tra le ossa.

Essendo una sostanza prodotta dal nostro corpo, un’iniezione di acido ialuronico ne stimola un’ulteriore produzione, lubrificando al tempo stesso e agendo sui recettori del dolore, grazie alla sua componente antinfiammatoria.

PRP
prp anca

Il PRP, invece, viene creato tramite prelievo del sangue del paziente, che viene centrifugato per ottenere una frazione piastrinica. Questa tecnica si effettua in regime ambulatoriale.

È una sostanza autologa (propria del paziente), con un elevato concentrato di fattori di crescita: il PRP viene iniettato nella zona interessata, agisce in modo antinfiammatorio e stimola la rigenerazione cellulare.

Cellule staminali

Le cellule staminali si ottengono in modo simile al PRP, ma provengono da un deposito differente: queste, infatti, vengono estratte dal tessuto adiposo e non dal sangue e presentano un alto potenziale rigenerativo.

Il procedimento di estrazione richiede un’invasività leggermente più alta, in quanto non sia ha un prelievo, ma una piccola liposuzione dall’addome. La processazione avviene attraverso un sistema di microframmentazione e microfiltraggio, che vengono effettuati sul momento: in questo modo si eliminano le impurità oleose ed ematiche.

Sia PRP che cellule staminali una volta trattati vengono iniettate direttamente nell’articolazione dell’anca, per cui non è necessario il ricovero del paziente, che rientra a casa in giornata.

Protesi d'anca

protesi anca

Nei casi in cui la sclerosi dei tetti acetabolari dovesse indicare una coxartrosi in fase più avanzata, viene presa in considerazione la scelta chirurgica.

La scelta della protesi varia in base:

  • all’età del paziente;
  • al suo peso;
  • allo stato muscolo-tendineo;
  • alla condizione ossea.

Il planning pre-operatorio permette di capire nel dettaglio che tipo di scelte compiere, come i materiali e la tipologia, ridando al paziente una mobilità che con il tempo è andata sempre più ad affievolirsi.

Detto ciò, la funzionalità articolare completa a seguito dell’impianto di protesi d’anca può essere recuperata esclusivamente seguendo un piano di riabilitazione preciso ed evitando la completa sedentarietà, nemica dei complessi processi di guarigione.

dottor Federico Valli Chirurgo Ortopedico

dr. Federico Valli


Medico Chirurgo
Specializzato in Anca e Ginocchio

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