Questo approfondimento vuole fare chiarezza sulle opzione terapeutiche e chirurgiche per la necrosi della testa del femore.
La coscia è la parte anatomica del corpo che congiunge il bacino con la gamba ed il femore è l’osso che sostiene le voluminose masse muscolari, di cui essa è prevalentemente costituita.
È il più lungo dell’intero organismo: si articola con la tibia e la rotula nella sua parte inferiore e con l’osso iliaco (comunemente detto “osso dell’anca” o “bacino”) in quella superiore.
Per maggiore precisione, la sua estremità superiore prende il nome di testa del femore, ha una forma vagamente sferica ed è normalmente incastrata in una escrescenza ossea che si chiama cotile dell’osso iliaco ed assomiglia alla sagoma di una coppa.
Se è sana, la testa del femore è quasi completamente ricoperta dalla cartilagine, un tipo di tessuto che serve ad ammortizzare i piccoli traumi cui le ossa sono sottoposte quando svolgiamo normali attività ed a diminuire l’attrito fra le superfici delle ossa che sono a contatto fra loro nell’articolazione.
Si parla di necrosi quando le cellule di un organismo muoiono per motivi che non dipendono dal normale ricambio cellulare cui moltissimi tessuti vanno incontro.
La necrosi della testa del femore è una patologia che si manifesta quando le cellule che compongono la testa del femore non sono adeguatamente raggiunte dalla circolazione sanguigna e quindi muoiono.
Interessa in misura maggiore gli individui di sesso maschile, ma anche le donne possono esserne colpite.
Si tratta di una patologia che non deve essere sottovalutata, perché determina spesso importanti alterazioni nella funzionalità dell’articolazione fra femore e bacino che è essenziale per svolgere molte attività quotidiane come camminare, alzarsi in piedi o guidare.
Esistono molte differenti cause che possono determinare la necrosi alla testa del femore. Ecco alcune fra le più comuni:
Il dolore è quasi sempre il primo sintomo che si manifesta nei casi di necrosi della testa del femore.
Inizialmente il dolore interessa la sola anca ma in seguito può diffondersi anche verso i glutei e l’inguine e diventare tanto intenso da rendere impossibile caricare il peso sulla gamba che ne è interessata, con un impatto notevole sulla qualità di vita del paziente.
Ad eccezione dei casi in cui è dovuta a traumi, non di rado questa patologia si presenta contemporaneamente su entrambi i lati e può progredire fino a causare:
È molto importante riconoscere e diagnosticare la necrosi della testa del femore prima possibile: infatti, solo nei casi in cui viene trattata nella sua fase precoce è possibile evitare il ricorso alla chirurgia sostitutiva.
In tutti gli altri casi, purtroppo per nulla infrequenti, l’unica soluzione definitiva è la sostituzione parziale o totale dell’articolazione con una protesi d'anca.
Proprio per questo motivo è importante rivolgersi ad uno specialista qualificato, che abbia l’esperienza necessaria per valutare tutte le opzioni terapeutiche percorribili e scegliere quella più adatta alle esigenze del paziente che ha di fronte.
La diagnosi di solito si effettua attraverso la risonanza magnetica perché specialmente nelle sue prime fasi le comuni radiografie non sono in grado di evidenziare adeguatamente lo stadio di avanzamento della malattia.
Una volta che lo specialista abbia valutato accuratamente la situazione, sarà in grado di indicare una strategia di trattamento che si adatti al paziente ed allo stato di avanzamento della patologia.
Che si debba ricorrere o meno ad un intervento chirurgico, è giusto specificare che la riabilitazione svolge comunque un ruolo cruciale nella risoluzione della necrosi della testa del femore.
Se la necrosi è ancora in una fase iniziale, è possibile tentare un approccio basato su metodi come la somministrazione di antidolorifici, di farmaci per lo stimolo del metabolismo osseo, e di magneto-terapia, allo scopo di lenire l’infiammazione e stimolare la rigenerazione del tessuto osseo sano.
Com’è ovvio, questo tipo di trattamenti debbono essere accompagnati, almeno per un periodo di tempo, dal totale riposo per l’articolazione interessata dalla malattia, per evitare che le sollecitazioni possano inficiare il tentativo di riabilitazione.
In alcuni casi selezionati, è possibile migliorare l’ossigenazione dei tessuti e stimolare quindi la loro rigenerazione anche attraverso la terapia iperbarica, con l’obiettivo di tentare di conservare le parti anatomiche danneggiate ed evitare l’intervento chirurgico.
L’ossigenoterapia iperbarica è spesso utile per controllare il dolore e può dare buoni risultati nell’arrestare la progressione della patologia, ma non sempre è in grado di risolvere la situazione in modo definitivo.
L’esperienza di uno specialista può talvolta consentirgli d’individuare un modo per diminuire la pressione ossea e conservare così le parti anatomiche danneggiate, praticando dei fori nel tessuto osseo della testa del femore in modo da favorire una nuova vascolarizzazione.
Questa tecnica è specialmente efficace in soggetti giovani e nei casi in cui la necrosi derivi da un trauma o un infortunio ed è associata all'utilizzo di cellule staminali.
In tutti i casi nei quali la necrosi è diagnosticata in una fase già avanzata, il ricorso all'impianto di una protesi è l’unica soluzione praticabile a lungo termine.
A seconda della diagnosi, si procederà quindi ad impiantare una protesi totale (che sostituisca quindi anche il cotile dell’osso iliaco, nel quale normalmente va ad incastrarsi).
L’intervento è considerato uno standard consolidato per la chirurgia ortopedica ed ha un’alta probabilità di successo nel ripristinare la funzionalità articolare ed eliminare completamente il dolore.