La necrosi della testa femorale è una malattia che prevede la diminuzione dell’afflusso di sangue alla testa del femore, con successiva necrotizzazione (morte cellulare) della zona interessata.
Questa condizione si manifesta con i sintomi della coxartrosi, ma in maniera più aggressiva e rapida: la diagnosi precoce permette, dunque, di evitare un deterioramento veloce della cartilagine dell’anca.
Le condizioni cliniche associate allo sviluppo della necrosi della testa femorale sono diverse; tra queste ritroviamo:
Le cause, dunque, possono essere di natura traumatica e non, alle volte concomitanti tra loro.
Negli ultimi anni, soprattutto per le necrosi femorali definite idiopatiche, gli studi si sono focalizzati sui fattori predisponenti come le modificazioni o le varianti genetiche, che possono predisporre a ipercoagualità o microtrombosi.
L’analisi di ogni caso specifico, dunque, risulta fondamentale, per poter determinare non solo le cause, ma anche il trattamento più adeguato.
Caratteristiche comuni nella fisiopatologia della necrosi della testa del femore sono:
che portano alla morte dello osso.
Il dolore è di solito il sintomo d’esordio, riferito generalmente all’inguine, con in alcuni casi l’irradiazione alla superficie anteriore della coscia.
Ovviamente la sintomatologia è correlata alla gravità della malattia; esistono, infatti, diversi stadi di degenerazione e nelle prime fasi può addirittura essere asintomatica.
In assenza di cause specifiche (ad esempio emoglobinopatie) le indagini di laboratorio risultano normali.
La radiografia del bacino e la risonanza magnetica (RM), infine, mostrano elementi caratteristici in base allo stadio della malattia.
In uno stadio iniziale di necrosi della testa del femore possono entrare in diagnosi differenziale diversi fattori, come:
La risonanza magnetica è utile per escludere queste condizioni; la scintigrafia ossea è utile per aumentare l’accuratezza diagnostica.
Negli stadi avanzati, invece, può essere sufficiente la semplice radiografia.
Le terapie disponibili per il trattamento della necrosi della testa del femore variano in base allo stadio della patologia.
Ad ogni modo, bisogna specificare che, a prescindere dall’opzione terapeutica selezionata, la riabilitazione gioca un ruolo fondamentale: la sua inosservanza dopo un qualsiasi trattamento per l’osteonecrosi impedisce un recupero ottimale, rendendo addirittura vana una procedura considerata chirurgicamente corretta.
Le primissime fasi della necrosi della testa del femore possono essere trattate con:
Durante le terapie sopra citate, è bene evitare di stressare l’articolazione malata per favorire il processo di guarigione: a questi possono essere associate delle iniezioni di cellule staminali o di PRP (Platelet Rich Plasma), per incentivare la rigenerazione cartilaginea eventualmente consumata.
Negli stadi iniziali la concessione di un carico protetto con stampelle e la camera iperbarica possono garantire una possibilità di guarigione che andrà comunque monitorata attraverso controlli periodici con RM.
Il trattamento chirurgico prevede:
Ovviamente i tentativi terapeutici devono essere indirizzati alla preservazione dell’articolazione, ma è altrettanto vero che, se necessario, la procedura di sostituzione articolare con una protesi d’anca riporta risultati estremamente incoraggianti, fino alla risoluzione del dolore e al ripristino della funzione deambulatoria nel 95% dei pazienti.
La procedura di decompressione prevede la perforazione mediante un foro più grande o fori più piccoli della zona necrotica della testa del femore per alleviare la pressione nell’osso e creare canali per i nuovi vasi sanguigni, così da nutrire le zone dell’anca colpite dalla necrosi.
In fasi precoci viene effettuata per prevenire il collasso della testa femorale ed il conseguente sviluppo della coxartrosi.
Questo è un intervento riservato per lo più a pazienti con un‘età inferiore a 60 anni.
La decompressione del nucleo spesso viene associata ad un innesto osseo per aiutare la rigenerazione dell’osso sano e per fornire un sostegno meccanico alla cartilagine articolare.
Un innesto osseo può essere prelevato dal paziente stesso (autotrapianto), da un donatore (allotrapianto), oppure possono essere utilizzati innesti ossei sintetici.
La decompressione impedisce la progressione dell’osteonecrosi verso l’artrosi grave e la conseguente necessità di una protesi dal 25% al 80% dei casi, quindi una variabile molto elevata; questi risultati dipendono:
I pazienti che hanno avuto successo da tale metodica tornano a camminare senza stampelle ed avranno un completo sollievo dal dolore dopo circa 3 mesi.
I casi gravi di necrosi della testa del femore possono essere trattati con l’impianto di protesi d’anca.
La sostituzione dell’articolazione coxofemorale ha come obiettivi principali:
Viene presa in considerazione in particolar modo quando il collasso dell’osso è associato ad una degenerazione del tessuto cartilagineo, con conclamata coxartrosi.
In base al grado di degenerazione, è possibile operare con: